Ali di resistenza, cuore di fuoco
27 gennaio 2006 di Redazione
Ali di resistenza, cuore di fuoco

ALI DI RESISTENZA, CUORE DI FUOCO è il titolo della mostra che inaugura sabato 4 febbraio alla casa Domus sul lungo lago di Salò, in provincia di Brescia. Una mostra che guida grandi e piccoli in un lungo viaggio, nella magnifica terra del Chiapas, alla scoperta di come si vive e si lotta nelle montagne del sud est messicano. Sono i bambini, attraverso alcuni loro disegni che hanno raccontato una parte della storia, una lunga storia che parla di uomini e donne che credono nella resistenza ed hanno un cuore alimentato dal fuoco della dignità. Per comprendere meglio il viaggio che la mostra regala ai suoi visitatori abbiamo incontrato Gabriella Citroni, organizzatrice dell’evento e che, in qualità di esperta legale sul tema delle “sparizioni forzate di persone” ha lavorato presso la Corte Interamericana dei Diritti dell’Uomo e l’organizzazione “Centro para la Justicia y el Derecho Internacional” in Costa Rica. Nel contesto generale del suo impegno nella lotta contro le sparizioni forzate di persone, è attualmente membro della delegazione italiana presso l’ONU nel negoziato per l’adozione di una Convenzione contro le Sparizioni Forzate di Persone. Come nasce la mostra Ali di resistenza, cuore di fuoco? «Da un viaggio che ho intrapreso poco più di un anno fa e che mi ha portato a vivere per diverso tempo nel villaggio di X’oyep nelle montagne del sud est messicano. Questa mostra intende così documentare e raccontare la storia del gruppo di indigeni di etnia tzotzil della comunita’ di X’oyep, nel Chiapas messicano, organizzati in resistenza pacifica come gruppo chiamato ‘le Api’. La storia degli abitanti di X’oyep è rappresentativa della situazione di più di un milione di indigeni, di varie etnie Maya, che abitano il Chiapas e che, da secoli, vivono in condizioni di estrema povertà e in quasi completa esclusione sociale». Il Chiapas è lo stato più meridionale del Messico, al confine con il Guatemala: è uno Stato estremamente ricco di risorse naturali e, al tempo stesso, per un amaro paradosso, è anche il più povero. Dei tre milioni e mezzo di chiapanechi, la metà non dispone di acqua potabile e due terzi non hanno accesso a servizi igienici ed a un sistema di fognature; il 54% della popolazione soffre di malnutrizione; il 90% della popolazione che vive in area agricola ha entrate minime quando non totalmente inesistenti. In realtà, come detto, il Chiapas è uno Stato ricco in termini di petrolio, caffè, legno, miele e mais. Eppure, per quanto non ufficialmente riconosciuta la maggior ricchezza dello Stato è il milione di indigeni (300.000 tzetzales, 300.000 tzotziles, 220.000 choles, 90.000 zoques y 70.000 tojolabales) che abitano queste terre. «Indigeni che, da 500 anni», spiega Gabriella Citroni «fronteggiano la sconsolante alternativa di poter scegliere tra morire per la miseria o per la repressione. Fino al 1994, le vite e le morti quotidiane di un milione di persone sono passate colpevolmente e comodamente – per le coscienze dei più- sotto silenzio. L’1 gennaio 1994, l’insurrezione armata dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, aprì gli occhi del mondo su questo magico e contraddittorio pezzo di terra, e gli undici anni di resistenza trascorsi hanno portato alla creazione di attenzione. Nel 1992, 400 uomini e donne tzotziles, cattolici, di differenti comunità del Municipio de San Pedro de Chenaló, a causa dell’arresto illegale per ragioni politiche di cinque compagni, decisero di organizzarsi per rivendicare i propri diritti. Vollero farlo senza armi e si diedero il nome di “le api”. Il volo di resistenza pacifica delle “api” non è passato inosservato, a tal punto che le autorità messicane hanno cercato di fermarlo, servendosi della repressione armata di gruppi paramilitari, la cui azione più conosciuta fu il massacro di Acteal, del 22 dicembre 1997, nel quale persero la vita 45 donne, bambini e bambine, tutte “api”, e della quale gli autori intellettuali ed alcuni degli autori materiali rimangono a tutt’oggi impuniti. L’ondata di timore che si scatenò quel massacro, portò allo sfollamento di circa 9.000 persone. La comunità di “api” di X’oyep, allora costituita da 12 famiglie, ossia circa 92 persone, ricevette 1.190 sfollati “api” di comunità limitrofe. Il volo delle “api” si fece conoscere oltre le montagne del sud est messicano e, nel 2001, la loro lotta valse il conferimento del Premio come difensori dei diritti umani da parte del Primo Ministro francese. Alla fine del 2001, i 1.190 sfollati ritornarono alle proprie comunità di origine e, lentamente, su X’oyep, calò il silenzio. La presenza internazionale scomparve e la comunità rimase sola. In quel villaggio che aveva risorse del territorio sufficienti per mantenre una piccola comunità di un centinaio di persone si trova ora in una situazione estrema: il terreno è rimasto impoverito, i campi non riescono a produrre e non resta quasi legna per scaldare le capanne. A tutto questo si aggiunge che mancano l’acqua potabile e servizi igienici». Dopo che l’attenzione internazionale si è dimenticata di questo villaggio sperduto la situazione si è fatto ancora più difficile, con un terribile senso di isolamento e di abbandono vissuto dalla popolazione, così è nata l’idea della mostra itinerante “Ali di resistenza, cuore di fuoco” che dove essere stata ospitata a Reggio Emilia, sarà a Salò in provincia di Brescia fino al 18 febbraio e poi andrà a Milano. L’esposizione, con una trentina di fotografie, rimarrà aperta al pubblico gratuitamente tutti i giorni presso la Domus sul lungo lago di Salò 8in provincia di Brescia) fino al 18 febbraio All’inaugurazione della mostra, sabato 4 febbraio alle ore 10,30, saranno presenti i fotografi Alejandro Corbera Lara Federico e Quintana Osuna, autori delle opere fotografiche; la dottoressa Gabriella Citroni dell’Università Milano-Bicocca, che ha realizzato i testi della mostra; la sociologa María de Lourdes Pacheco Cámara che ha vissuto presso la comunità di X’oyep, nel Chiapas Messicano, in qualità di educatrice. Dove: Domus, (vicino al Duomo) di Salò (Bs) Quando: fino al 18 febbraio Orari: dalle 10 alle 12 e, i festivi, anche dalle 15 alle 18. A cura della Redazione di For Kids 27 gennaio 2006

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