Francesca Longo
5 novembre 2010 di Redazione
Francesca Longo

Francesca Longo è giornalista e scrittrice, ma soprattutto, come lei stessa precisa, madre di due ragazze. Ha collaborato e ancora collabora da free lance con numerosissime testate, scrive testi per la radio e la televisione e produce cortometraggi. Come scrittrice ha pubblicato per Baldini, Castoldi & Dalai dei manuali imperdibili per ogni genitore: Come sopravvivere con un’adolescente in casa, Mamma sei sempre una sòla, Mia madre che non vuole invecchiare, Non gioco più. Da alcuni anni la sua penna ha saputo raccontare anche gli adolescenti con Ti sequestro la prof (EL Editore), che ha per protagonista i ragazzi di una terza B di liceo. A cui è seguito In gita di distruzione del 2009. Per i più piccoli ha invece pubblicato il bellissimo In vacanza con il nonno. Il suo ultimo libro Mojito, dedicato agli adolescenti, affronta la storia di due ragazzini che bevono per sfidare la noia, arrivando anche a gravi conseguenze. Uno spaccato di vite familiari purtroppo comune a tanti ragazzi.

Quando e come è nato Mojito?

Mojito nasce una domenica pomeriggio in un pub ascoltando la conversazione di un gruppetto di ragazzini che commentavano il loro sabato sera. Frasi tipo “Ho vomitato tutta la notte…uno sballo…” “Hai visto in che stato era ridotta Jessica…non camminava…rotolava…” “Mi sono buttato sul letto e mi sono accasciato…ho vomitato solo questa mattina. Non sento la testa” “Ho tutto lo stomaco sottosopra” e via dicendo. Atroce, neanche che vomitare fosse un divertimento… Così ho deciso di scrivere un libro, prima documentandomi (a questo mi serve, in fondo, aver fatto per anni la giornalista). In effetti in una città, Trieste, dove è scomparsa o quasi la marjuana e l’hashish, dove c’è solo coca e ero, per gli appassionati dello sballo a tutti i costi non resta che l’alcol, che si trova a buon prezzo in qualunque supermercato. Più difficile arrivare alle ragioni dello sballo a tutti i costi. Sta di fatto che in un primo momento la mia editrice era titubante. Il tema era troppo difficile. Oggi sostiene che è il libro più bello che ho scritto per lei (e infatti temo la deluderò col prossimo…).

L’ironia e lo sguardo sempre da una nuova prospettiva sulle cose è stata la ”cifra stilistica” di molti tuoi romanzi. Questo habitus lo troveremo anche in questo nuovo romanzo?

Se ci sono io c’è sempre un pizzico d’ironia, ma questa volta molto mitigata dall’affetto o forse dalla compassione, intesa in senso etimologico e come partecipazione. Io sono cresciuta in Friuli, a Udine, bevo dai 14 anni, sennò socializzare sarebbe stato impossibile in una terra dove bevono tutti sin da piccolissimi. Però ho imparato la cultura del bere, a riconoscere il vino buono, a godere anche del piacere che dà un buon bicchiere di vino. Lo sballo da alcolici, soprattutto se superalcolici o morchia, non so cosa sia. Ricordo pochissime sbronze, tutte in giovane età e tutte utilissime per non essere ripetute. Per i ragazzi oggi è diverso, perché diverse sono le condizioni familiari e sociali. Quarant’anni fa pensavamo di aggredire il mondo, non noi stessi, un’utopia che alla fin fine era per noi positiva. Oggi lo zero sociale sotto gli occhi di tutti e il silenzio affettivo spinge all’autodistruzione, al nihilismo. Provo un’immensa tenerezza per questa generazione buona e generosa dimenticata dal mondo.

Come mai la decisione di affrontare un tema duro come quello dell’alcol tra gli adolescenti?

Perché prima o poi qualcuno lo deve affrontare visto che è una piaga sociale che abbiamo importato dai paesi ‘evoluti’, Inghilterra, Stati Uniti e Germania in testa. Non bere perché piace, bere al sabato fino a uccidersi di alcol. Si tace, ma l’alcol non devasta la salute- anche, ma non solo e soprattutto non a quindici anni- l’alcol dà allucinazioni che mettono a repentaglio la vita (non è detto si vogliano uccidere, ma può succedere che muoiano cadendo da una finestra, da un’impalcatura), ti fa fare la pipì a letto, con tutto ciò che di terribile comporta a livello psicologico, ti porta al coma etilico, a guidare e schiantarsi. L’alcol è una bruttissima bestia, una droga peggiore dello spinello se usato per annientarsi. E le famiglie non se ne rendono conto. C’è quasi una parvenza di orgoglio nel dire che tuo figlio a 13 anni ha bevuto a tavola col papà, quasi un rito iniziatico. Poi i ragazzi restano soli, senza soldi e coi loro problemi, col gruppo che istiga…e nessuno vuole ammettere di avere quel problema proprio in casa, dove si beve normalmente da generazioni senza che niente abbia mai fatto male a nessuno. Ci vuole molto coraggio ad affrontare la situazione. Per fortuna oggi ci sono anche ottime istituzioni sanitarie a cui rivolgersi. Sfidando la vergogna e amando il proprio figlio. E non parlo di Alcolisti anonimi. Anche nel libro sono contraria a qualsiasi forma di proibizionismo, che serve solo a mantenere in vita i problemi, non a risolverli. Parlo di un accompagnamento verso il piacere di vivere, cosa a cui le nuove generazioni non sono state educate, per colpe nostre conclamate. Anche noi in fondo l’abbiamo perso per strada. Un buon trattamento psicologico per ritrovare il proprio cammino non fa male, né ai genitori, né ai figli.

Spesso nelle tue storie i nonni hanno un ruolo determinante, come è cambiato il ruolo dei nonni negli ultimi decenni?

I nonni sono il punto di riferimento di questa generazione fragile. Se noi non li sopportiamo perché con le loro certezze ci hanno massacrato e ci massacrano la vita, i ragazzi li adorano perché hanno certezze, mentre detestano il nostro continuo dubitare. Poi a loro sembra che la realtà fragile in cui stanno vivendo sia una nostra creatura, lasciando i nonni liberi di essere pensionati…E il nonno c’è sempre, ha tempo, noi mai.

Cosa ci sorprendere e colpirà di Mojito?

Credo la dolcezza e la bellezza di quelli che a prima vista consideriamo un enorme tatuaggio con piercing che sballa. E la possibilità di riconoscere la gioventù in ogni gioventù, se solo siamo capaci di non dimenticare la nostra.

Ci puoi citare la tua frase preferita scritta in Mojito?

Assolutamente no. E’ la frase finale. L’ho scritta prima di cominciare a imbastire la storia. A quella volevo arrivare per 88 pagine!

A cura di Laura Ogna.

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4 Commenti  
Luisa ha scritto:
10 novembre 2010 alle 15:47

Ringrazio Francesca Longo per aver avuto il coraggio di scrivere un libro su questo argomento che è “tremendamente presente” negli adolescenti ma di cui si parla molto poco, purtroppo. E per aver usato parole come “immensa tenerezza per una generazione buona e generosa dimenticata dal mondo”. Perchè sono in pochi a parlare dei nostri ragazzi in questi termini, e ne avremmo/avrebbero invece molto bisogno!
Luisa

Giulia ha scritto:
25 novembre 2010 alle 10:35

Bel libro!! su un tema difficile.
Un brava all’autrice

camilla ha scritto:
1 settembre 2011 alle 18:19

grande libro questo

carmen ha scritto:
8 marzo 2013 alle 21:19

quando ero single ho letto il tuo libro “mamma sei sempre una sola” e capivo il dover di essere mamma e come dici tu tanto vale riderci un po’ su, ora vorrei trovare il libro come soppravivere con un adolescente in casa. grazie.

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