
Autore: Mel Levine
Editore: Mondadori
Illustrazioni:
Anno: 2005
Collana: Saggi
Prezzo di copertina: €18,00
Età di lettura:
Mel Levine, uno dei maggiori esperti mondiali di psicologia infantile, con questo nuovo saggio ci dimostra che la pigrizia è solo un luogo comune, qualcosa che non esiste realmente. “Ogni volta che chiamiamo qualcuno ‘pigro’- scrive- noi condanniamo un essere umano”. Quante volte abbiamo sentito dire da un insegnante che nostro figlio potrebbe fare molto di più, se solo non fosse cos? “pigro”? Un basso rendimento, sia a scuola che in seguito nel lavoro, è invece quasi sempre provocato da vere e proprie disfunzioni createsi durante il processo di neurosviluppo, e non da una generica svogliatezza che si può superare applicandosi un po’ di pi?. E queste disfunzioni neuronali che sono alla radice delle difficolt? dei ragazzi nel realizzare un progetto o nel portare a termine un compito possono essere identificate facilmente e corrette. “Definire “pigro” un bambino significa non aver capito nulla di lui.”– dice Mel Levine. Grazie a una lunga esperienza tra i ragazzi e la raccolta di tantissime storie curiose e commoventi, il celebre esperto dei problemi di apprendimento fa chiarezza su un equivoco, quello della pigrizia, che può creare seri problemi a chi ne è vittima e individua otto cause di scarso rendimento che vengono illustrate una per una con il racconto di un caso esemplare: - disfunzione motoria; - difficoltà di memoria a lungo termine; - scarsa capacità di controllo dell'”energia mentale”; - impulsività e frenesia sociale; - inadeguatezza linguistico-espressiva; - difficoltà di ideazione e di elaborazione di pensiero critico e creativo; - problemi di organizzazione.Quello che spesso chiamiamo “pigrizia” è in realtà uno stato psicofisico che ha delle ragioni accertabili, molto simili a ingranaggi inceppati, ad anelli deboli della catena che regola il buon funzionamento della mente e del corpo di ognuno di noi.La pigrizia non è un male incurabile. Come insegna questo libro, semplicemente non esiste. Esistono piuttosto tecniche e strategie per valorizzare e potenziare tutti quegli aspetti che consentono ai presunti pigri di sfruttare al meglio conoscenze, abilità e doti peculiari. Facendo di ogni bambino l’eroe di uno sforzo produttivo e felice.L’autore: Mel Levine insegna pediatria alla Scuola di medicina della North Carolina University e dirige il Clinical Center for the Study of Development and Learning della stessa università. È uno dei fondatori, nonché copresidente, di All Kinds of Minds, un’istituzione che elabora procedure e programmi per aiutare genitori, insegnanti, medici e gli stessi bambini ad affrontare le diversità e gli ostacoli legati all’apprendimento. Per Mondadori ha pubblicato A modo loro (2004).Come inizia il primo capitolo: Far lavorare la menteLa pigrizia non è una caratteristica innata. Tutti nasciamo con una spinta a produrre e abbiamo dentro di noi, come teneri virgulti, le risorse per fruttificare, per essere e sentirci utili e capaci. Il processo di percepisce e si manifesta prevalentemente attraverso i risultati ottenuti, le realizzazioni della nostra mente e delle nostre mani, la somma delle nostre conquiste scolastiche, familiari e professionali. Sin dall’infanzia proviamo il desiderio di mostrare agli altri cosa siamo in grado di fare e ci sentiamo soddisfatti di noi stessi se quello che realizziamo è approvato, accettato e rispettato da amici, parenti, superiori (o insegnanti) e soprattutto dalla parte autocritica di noi stessi. Essere fieri di quel che si fa è fondamentale per sentirsi appagati nella vita.Purtroppo alcuni ad un certo punto, per qualche motivo, perdono lo slancio. I loro sforzi non giungono più a buon fine. Si arenano e in molti casi si trovano ad essere accusati di pigrizia. In realtà non è colpa loro: soffrono di handicap latenti che influiscono negativamente sul loro rendimento. Non sono pigri, sono affetti da insufficienza prestazionale. Si tende spesso a sottovalutare la forza, e al contempo la vulnerabilità, della spinta a produrre. A mio avviso tanto gli adulti quanto i bambini sentono che al lor identità dipende in gran parte da quello che fanno, da quello che hanno realizzato e che vogliono realizzare in futuro. I guai cominciano quando chi è affetto da insufficienza prestazionale arriva a pensare che il suo impegno sia inutile e destinato a rimanere tale. A cura della redazione di for Kids