Massimo Birattari
11 ottobre 2013 di Redazione
Massimo Birattari

“Ai ragazzi (e agli insegnanti) che ho incontrato a scuola, in libreria, negli auditorium, e ho torturato con subdoli quiz grammaticali. Adesso, finalmente, basta grammatica.”

Con questo (rassicurante per molti) avviso ai lettori inizia il nuovo libro di MASSIMO BIRATTARI, Scrivere bene è un gioco da ragazzi. L’autore è un vero esperto di grammatica. Dopo Benvenuti a Grammarland nel 2011 (Feltrinelli)  ha pubblicato La grammatica ti salverà la vita (2012) ed ora, fresco fresco di stampa, questo ultimo titolo pubblicato da Feltrinelli. Un romanzo a dir poco avventuroso, strutturato come un videogioco, che fornisce consigli per imparare a scrivere in italiano. La trama: uno scienziato inventa una macchina capace di trasformare in realtà tutto ciò che è scritto “bene”, ovvero con proprietà di linguaggio e con chiarezza. I giocatori, con l’aiuto del professor Furio Mangiafuoco, sono chiamati a cimentarsi con le parole e, per questo, hanno a disposizione una serie di testi e se ne devono servire per superare varie prove legate alla scrittura. Se riusciranno a scrivere “bene”, il che vuol dire esprimere quel che intendono dire con chiarezza, vedranno vivere i loro personaggi inventati in ambienti meravigliosi e passano, nel gioco, al livello superiore. Se, invece, scrivono “male”, non potranno né abbandonare il videogioco, né tornare a casa. Una storia ricca di colpi di scena che mentre diverte e appassiona fornisce una serie di consigli per imparare a scrivere in italiano. Perché scrivere bene non serve solo a prendere un bel voto in italiano. Serve a pensare bene, a esprimere sentimenti, a comunicare le cose che ci stanno a cuore e serve addirittura a creare mondi interi. Abbiamo fatto alcune domande a Massimo Birattari su questo suo ultimo libro e in generale sulla sua passione per la grammatica. Ecco le sue risposte:

Laureato in storia ma appassionato di grammatica. Da dove nasce questo interesse?

“Si è trattato di un insieme di circostanze, anche casuali. Dopo la laurea volevo lavorare nell’editoria, e sono stato assunto da una casa editrice di testi scolastici (dove, tra l’altro, ho lavorato su un paio di grammatiche, molto ben fatte, procurandomi una bella ripassata involontaria di regole ed eccezioni). Poi ho lasciato la scolastica e sono passato all’editoria “normale”. Ora, tra i compiti di chi lavora sui libri altrui c’è anche quello di rivedere un testo per eliminare gli errori di grammatica (ogni tanto ce ne sono) ma soprattutto per aiutare l’autore a trovare la soluzione migliore ai molti legittimi dubbi che vengono a chi scrive: dunque non soltanto a correggere i “qual’è” in “qual è”, ma anche a stabilire, per esempio, se una donna che fa l’avvocato va chiamata “avvocato” o “avvocata” o “avvocatessa”. Proprio per questo allenamento, una casa editrice, Ponte alle Grazie, mi ha chiesto di scrivere una breve grammatica pratica, dove tutti potessero trovare le soluzioni ai dubbi più comuni dell’italiano. Mi sono messo a consultare manuali e dizionari, e la breve grammatica è diventata un librone di 414 pagine, “Italiano. Corso di sopravvivenza”, seguito un paio d’anni dopo da un volume sullo stile, “È più facile scrivere bene che scrivere male”. Poi, siccome ero anche autore di libri per ragazzi, la Feltrinelli Kids mi ha proposto di scrivere un romanzo grammaticale destinato agli alunni delle elementari e delle medie: così sono nati “Benvenuti a Grammaland” e “La grammatica ti salverà la vita”. Dunque non sono un linguista accademico o un professore: sono un “esperto” dell’italiano scritto usato nei libri che si stampano oggi in Italia, e ho cercato di mettere questa esperienza al servizio dei lettori, sia adulti sia ragazzi.”

I ragazzi e la grammatica oggi. Sono solo dolori?

“Sono abbastanza dolori, perché è faticoso studiare la grammatica, così come è faticoso studiare la matematica ed è faticoso imparare a scrivere bene in italiano. Soprattutto, è difficile convincere i ragazzi, abituati con Facebook o con gli sms a usare la lingua scritta come un equivalente del parlato, che non basta “farsi capire”. Dicono: che cosa importa mettere gli accenti o gli apostrofi o i congiuntivi giusti? Basta scrivere velocemente, e che chi sta dall’altra parte capisca. Ora, il problema è spiegare ai ragazzi che quello che può andare bene su Facebook potrebbe non funzionare in un vero testo scritto, scolastico ma non solo. Ma se i ragazzi si rendono conto che la grammatica è uno strumento per comunicare con efficacia, e che maneggiare bene l’italiano, scritto e orale, significa avere un’arma in più, forse anche le fatiche e i dolori saranno più leggeri.”

Come si fa a rendere facile, divertente, appetibile un argomento scolastico in un libro di narrativa per ragazzi?

“Intanto, cerco di scrivere storie divertenti e appassionanti in sé. Il mio primo obiettivo è che chi prende in mano “Scrivere bene è un gioco da ragazzi” si appassioni alle avventure dei protagonisti finiti dentro un videogioco. Per questo mentre scrivo i miei libri faccio del mio meglio per inventare colpi di scena, sorprese, e anche battute divertenti da mettere in bocca ai personaggi. Poi cerco di fare in modo che gli esercizi e le spiegazioni (di grammatica o di scrittura) non siano corpi estranei, ma facciano parte della trama. Così in un romanzo quasi horror come “La grammatica ti salverà la vita” tutti gli esercizi parlano di vampiri, licantropi e altre creature delle tenebre, mentre nell’ultimo “Scrivere bene è un gioco da ragazzi” gli esercizi sono i livelli da superare, e i testi scritti dai protagonisti “creano” i paesaggi, i personaggi e addirittura lo sviluppo narrativo della storia.”

Alla fine dei tuoi libri, il lettore ha l’impressione che scrivere bene non sia un’impresa poi così difficile… È davvero così?

“Secondo me, bisogna concentrarsi su alcuni obiettivi: essere chiari, spiegare in ordine e con semplicità quello che vogliamo dire, rileggere per eliminare errori e ripetizioni. A quel punto ci accorgeremo che scrivere bene è meno difficile di quanto pensiamo. Però bisogna allenarsi: a scrivere, e prima ancora a leggere.”

A cura di Laura Ogna

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