Anna Lavatelli e Anna Vivarelli
30 aprile 2010 di Laura Ogna
Anna Lavatelli e Anna Vivarelli

Per il secondo anno consecutivo Anna Lavatelli e Anna Vivarelli nel loro sodalizio come scrittrici ci portano a viaggiare nel tempo. Prima, con il romanzo Chiedimi chi sono (San Paolo, 2009) in un turbillon di avventure lungo i percorsi del grand tour affascinati dalla vicende di un giovane nobile e del suo servitore e amico. Ora con Senza nulla in cambio ci si trova catapultati in pieno Risorgimento a vivere il palpitare del cuore dei nipoti dei due amici, cuori che palpitano per amore, per passione, per un0idea nuova di libertà e d’Italia. Anna Lavatelli e Anna Vivarelli ci hanno regalato un’intervista. Ecco qui le loro riposte.

Dopo Chiedimi chi sono siete tornate al romanzo storico con una vicenda che in un certo senso è il seguito del libro uscito lo scorso anno ma che, allo stesso tempo, si può anche leggere in modo totalmente autonomo e scollegato. come è nata l’idea di questo romanzo? Come avete individuato il periodo e i luoghi?

ANNA VIVARELLI:Senza nulla in cambio non può essere considerato un vero e proprio sequel perché dal viaggio di Dionigi e Filiberto sono trascorsi sessant’anni, e dunque quasi tutti i personaggi di Chiedimi chi sono sono morti da un pezzo. Ma alcuni li ritroviamo, invecchiati e cambiati, accanto ai due nuovi protagonisti, due fratelli molto diversi per età e destino. Non è un diario, stavolta, ma un vero e proprio romanzo ottocentesco, ricco di fughe, sparizioni, amori passionali, e soprattutto passione politica. La Storia con la esse maiuscola è molto più che uno sfondo: si è conclusa da qualche anno la parabola di Napoleone, e a Torino esplodono i primi moti studenteschi.

ANNA LAVATELLI: Il romanzo è partito dall’amore per i personaggi di Chiedimi chi sono: Dionigi, prima di tutto, e poi Filiberto e Leopoldina. Ci siamo chieste quale sarebbe stato il loro futuro, di quali avvenimenti sarebbero stati testimoni, che cosa sarebbe accaduto alla loro progenie. Spingendoci un po’ più in là con lo sguardo, abbiamo visto che si poteva arrivare ai nipoti e, storicamente, ad un momento che entrambe abbiamo nel cuore: i primi moti rivoluzionari a Torino, nel 1821. Di quei fatti si parla poco, perché la storia ufficiale non ama i perdenti. Ma dal punto di vista letterario, questi uomini che rischiarono la  posizione sociale, i beni di famiglia e perfino la vita, senza chiedere né ricevere nulla in cambio, sembravano fatti apposta per noi.

Cosa significa scrivere a quattro mani? Come intrecciate le vostre scritture e idee perché alla fine emerga in fiume narrativo unico e compatto?

ANNA VIVARELLI: E’ difficile giungere a quell’empatia e a quella fiducia che poi ti permette di scrivere un libro a quattro mani. Noi abbiamo fatto il nostro “rodaggio” su libri più semplici, più scanzonati, che però ci hanno permesso di entrare in sintonia l’una con l’altra, e soprattutto di diventare amiche. Da allora, in parallelo alla nostra scrittura individuale, è come se avessimo creato un terzo scrittore che pubblica un libro all’anno, e che ha caratteristiche sue… Scrivendo a quattro mani occorre sapersi “adattare” ad un’altra persona, ma una volta raggiunto lo spirito giusto, ci sono indubbi vantaggi. Per esempio si argina quello che rappresenta il maggior terrore di uno scrittore, il rischio terribile che la tua storia si blocchi improvvisamente: quello che hai scritto finora ti sembra non valga niente, senti i tuoi stessi personaggi come estranei e non sai come andare avanti. Succede spesso, e se si è in due e capita ad una di noi, c’è sempre l’altra che tira la carretta e rimette il veicolo in carreggiata… 

ANNA LAVATELLI: Condivido pienamente. E aggiungo che scrivere insieme è stata una palestra formidabile, che ha arricchito la nostra esperienza come scrittrici e ci ha aperto nuove prospettive. I meccanismi profondi di questa ‘osmosi’ non sono completamente chiari nemmeno a noi stesse, come del resto accade in ogni processo creativo. Certo è che il nostro diverso profilo di scrittrici – che si evidenzia bene nei romanzi che scriviamo per conto nostro – ha un collante fortissimo in un concetto forse fuori moda, ma per noi fondante: scrivere è un impegno che presuppone passione, rigore e integrità intellettuale.

Senza nulla in cambio è un romanzo di amore e passioni, in tutti i sensi. E’ stata voluta questa scelta? Cosa vi ha spinto ad affrontare questa “tematica” con i giovani lettori di oggi?

ANNA LAVATELLI: Volevamo ricreare un’epoca attraverso una vicenda avventurosa, che ci consentisse di mostrare luoghi, situazioni e personaggi che risultassero affascinanti, e di rappresentare caratteri umani in fondo non molto dissimili dai  nostri. Volevamo raccontare che ieri come oggi le persone sono chiamate a spendersi nella vita personale e sociale, che molti gesti privati sono altrettanto nobili delle gesta ricordate nei libri di storia ricordano e che la Storia (con la maiuscola) si fa con le storie individuali degli uomini. E soprattutto volevamo rimarcare il valore della gratuità, sia nella passione amorosa, sia negli affetti familiari, sia nel lavoro e nell’impegno politico. E che nulla di tutto questo ci è estraneo o indifferente.

ANNA VIVARELLI: Sì, è esattamente questo che ci interessava. E francamente, solo a posteriori ci siamo rese conto di quanto queste tematiche siano fuori moda, poco praticate, per nulla “trendy”. Ma anche questo unisce me e Anna: nessuna di noi cavalca l’onda. Entrambe seguiamo il nostro personale percorso, e per parecchi tratti di strada ci piace seguirlo insieme, a prescindere da dove conduce.

Tra cospirazioni carbonare e moti studenteschi ci sono personaggi inventati ed altri realmente esistiti, cosa desideravate mettere in luce con questo appassionante affresco dell’Italia risorgimentale?

ANNA LAVATELLI: Questo nostro secondo romanzo vuole anche essere un omaggio agli eroi dimenticati, a coloro che cominciarono la lotta per l’indipendenza e che lottarono e morirono senza poter vedere nascere l’Italia unita. Quegli uomini erano per la maggior parte Piemontesi, come noi, e questo è il nostro modo per ringraziarli per non aver ceduto mai e per essere stati i primi a lottare per un paese libero da dominazioni straniere.

ANNA VIVARELLI: La Storia del passato è l’unico modo per capire il presente: non è un concetto originale, non l’abbiamo detto noi per prime, ma lo condividiamo. Diventare adulti significa anche non accontentarsi di restare spettatori di ciò che succede intorno, ma prenderne parte in modo consapevole: la lezione risorgimentale può e deve essere anche questo.

Prevedete un terzo titolo?

ANNA LAVATELLI: No, io credo che la saga dei Morselli e dei Saporiti finisca qui. Per quel che mi riguarda, sento di  aver fatto venir fuori da questi personaggi tutto quello che mi interessava mettere in campo.

ANNA VIVARELLI: Credo anch’io che con la “nuova vita” (tutta da inventare…) di Francesco ed Eugenia si sia conclusa la storia della famiglia Morselli, non perché i nostri protagonisti non abbiano un futuro, ma perché ci piace di più l’idea di lasciarlo aperto: non sentiamo il bisogno di raccontarlo perché già molto è stato detto. Il lettore può, per esempio, immaginare  che entrambi, insieme a Jacopo, vorranno dare il loro apporto alle lotte che porteranno alla nascita della nostra nazione.

A cura di Laura Ogna

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